Storia della parrocchia

La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età. Confini della parrocchia a Sud saranno le vie Giotto – Albini, che incrociano il corso all’altezza del palazzo del notaio Vitelli. Primo parroco il sacerdote Domenico D’Elia (don Mimì), bernaldese, nato l’8 maggio 1937 e ordinato il 9 luglio 1961 nella chiesa del Convento della stessa cittadina natale. La parrocchia conta ai suoi albori circa 3500 abitanti e ha come sede provvisoria la chiesetta di S. Lucia, proprietà della famiglia Di Palma. Il servizio liturgico è officiato nella chiesa del Convento, in piazza Plebiscito, per una intesa pastorale unitaria con l’arciprete Giuseppe Eufemia, nativo di Castelmezzano, diocesi di Acerenza, succeduto l’8 dicembre 1950 a don Antonio Gambacorta, tragicamente scomparso nell’aprile dello stesso anno. Il riconoscimento civile della nuova parrocchia è del 7 settembre 1971. La dote è costituita da un deposito bancario di lire 500.000 (cinquecentomila). Il 21 ottobre 1972 Domenico e Margherita Appio donano alla nuova parrocchia un fondo rustico in contrada Madonna degli Angeli, a lato sinistro dell’omonima chiesetta. Il titolo della nuova parrocchia è conciliare. A chiusure del Concilio Ecumenico Vaticano II Paolo VI ha riconosciuto alla Vergine il titolo di Madre della Chiesa. Ed è proprio questo il titolo per la nuova parrocchia, destinata a perpetuare il ricordo del Concilio nella Arcidiocesi materana. Nel territorio della parrocchia sorge anche la chiesetta di San Donato, antico patrono di Camarda, riedificata nel 1700 forse dalle antiche fondamenta della antica cappella camardense. All’interno l’antica statua di san Donato (1400?) dal popolino chiamata “Santa Donata femm’n”.  In questa chiesa è conservato il carro trionfale di san Bernardino, opera di artista montese (1948). Il tetto pericolante è rifatto nel 1976 (spesa cinque milioni) a carico dello Stato su richiesta del parroco D’Elia (legge per le aree alluvionate). Proprio a lato della chiesa, sita in modo irregolare rispetto alla direttrice di corso Umberto, è eretta, a confine dell’abitato, l’antica croce che segnalava il convento dei minori riformati nell’attuale piazza Plebiscito, allora (1700) aperta campagna. Questa croce fu trasferita due volte, a segnare lo sviluppo urbano di Bernalda. Trovata spezzata ad  opera di ignoti fu “rianimata” da alcuni giovani di Azione Cattolica nel 1971. Nella pietra di base è inciso il monogramma bernardiniano. Da bambini credevamo che nel foro ben visibile al centro della colonna fosse custodito un osso di Gesù e facevamo a gara per introdurre devotamente il ditino nel foro. Quando ho dovuto lavorare a rialzare la colonna ho scoperto che il foro era servito agli antichi costruttori per colare l’anima di piombo all’interno della colonna. Passando sulla destra della chiesa di San Donato e seguendo una mulattiera che col tempo è diventata percorribile dalle macchine, si giunge alla chiesetta della Madonna degli Angeli –proprietà privata – edificata intorno al 1850 alla punta di una lingua di terra che separa due fossi torrentizi confluenti nella valle da cui parte il viottolo che conduce al cimitero. La chiesetta è minacciata dagli smottamenti del terreno assai friabile che scivola nel fossato sottostante in occasione di pioggia torrenziale. All’interno, su due rustici supporti, ci sono le statue della Madonna degli Angeli (cartapesta) e di san Donato (statua lignea del 1700, recuperata dall’omonima chiesa). Lo sfondo è liscio perché nel 1969 la piccola nicchia della Madonna fu murata (con una statuina all’interno) in occasione della demolizione del vecchio altare assai ingombrante. Al suo posto c’è un moderno e rustico altare – sedile costruito con blocchi di laterizi diversamente disposti da un gruppo di giovani volontari, entusiasmati da una visita fatta agli eremi di Spello (Perugia) in  compagnia dello scrivente. L’altare è sormontato da un bel crocifisso moderno, opera notevole di artigianato locale, che dà un tono altamente suggestivo all’ambiente con la sua figura stilizzata e sofferente che ispira una tragica impressione di dolore. L’opera fu eseguita dall’artigiano del ferro D’Auria, su disegno del prof. Salvatore Sebaste. In questa chiesetta si svolgono – nella buona stagione – incontri di spiritualità per gruppi di giovani. La festa popolare cade il 5 agosto. La collinetta prospiciente la chiesetta è chiamata Calvario. Era dominata da una croce di mattoni e meta di devoti pellegrinaggi di donne. Poi detta croce crollò e il gruppo di restauratori di cui sopra eresse tre croci in ferro, diseguali e unite tra loro, che dominano – con buon effetto – la piccola vallata. A questo Calvario, dal 1975 in poi, si dirige la “Via Crucis” del Giovedì Santo. Il corteo parte dalla chiesa Madre e giunge alla collina del Calvario illuminata da fiaccole e riflettori. (La corrente elettrica vi è giunta  nel 1977).

( dalla cronistoria della parrocchia redatta da don Mimì D’Elia)