Dall’unione alla comunione – Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario

13 Luglio 2020

Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Is 1,10-17   Sal 49  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10,34-11,1)

Sono venuto a portare non pace, ma spada.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:

«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 

Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 

Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Dall’unione alla comunione

Di primo acchito le parole di Gesù possono scandalizzare. La pace è il dono di Dio per eccellenza, è la pienezza di ogni dono. Il saluto che i missionari devo portare entrando in una casa è appunto la pace. Se Gesù, come aspettavano i popoli, sulla terra non porta la pace, chi la porterà? La pace è sì un dono di Dio, ma che richiede di essere accolta e diffusa dagli uomini. In altri termini, la pace è dono di Dio ma sulla terra è responsabilità degli uomini. 

C’è una pace che chiameremmo terrena, quella che i governanti della terra impongono con la forza, che essenzialmente consiste nel mettere insieme, nell’accumulare per se, e quella celeste, che viene da Dio, che è comunione. La pace terrena a cui allude Gesù è quella forma di fusione che è unione senza comunione. La pace della terra è quella della morte che tutti livella e omologa, la pace di Dio è comunione che non elimina le differenze ma le valorizza. La pace-comunione si realizza quando ciascuno si mette a servizio delle differenze che caratterizzano la personalità dei singoli. La spada che Gesù viene a portare è una metafora per dire la necessità di separare, di marcare le differenze per distinguere le mie attese, il mio bisogno, il mio punto di vista e quello degli altri, soprattutto di coloro che conosco perché sono membri della mia stessa famiglia. La distinzione non è finalizzata alla contrapposizione ma a compiere quel viaggio fondamentale in ogni relazione di amore che fa uscire dal proprio io per andare incontro all’altro. Spesso accade che proiettiamo ed estendiamo sugli altri i nostri stati d’animo, i bisogni, le aspirazioni credendo che anche gli altri abbiano le stesse priorità, che debbano condividere il proprio punto di vista, che debbano comprendere al volo le nostre esigenze. La spada viene ad interrompere questo modo di relazionarsi con gli altri che genera conflittualità insanabili. 

In un primo momento il mettere in luce le differenze è doloroso come il recidere il cordone ombelicale, ma diventa necessario perché l’amore che si vive sia messo a servizio della promozione e della libertà di coloro che amiamo.

La spada non è un’arma contro gli altri ma è uno strumento che ciascuno è chiamato ad usare per se stesso affinché la relazione non degeneri in una forma di fusione, di possesso, di controllo, di concentrazione, ma porti al mondo la pace vera, la comunione, sinfonia delle differenze e la diffusione dell’amore.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!