Guariti per servire liberamente e con gioia

4 Febbraio 2018

V domenica del Tempo Ordinario

Domenica scorsa il Vangelo di Marco invitava il lettore a soffermarsi sull’autorevolezza della parola di Gesù che mette in luce i ragionamenti nascosti nel cuore dell’uomo. Sono i pregiudizi, i pensieri negativi che giudicando e valutando negativamente gli altri, alimentano diffidenza e divisione pur magari in un contesto di apparente tranquillità e cortesia formale. la pagina evangelica di questa domenica è la continuazione della precedente ed è caratterizzata da vari passaggi e uscite che determinano un progressivo cammino verso il compimento della missione di Gesù; infatti Gesù esce dalla sinagoga e va a casa di Pietro e Andrea, la sera del sabato dalla casa alla soglia, la mattina presto ancora esce per entrare nella preghiera e in fine esce per andare altrove e oltre. Ogni passaggio è caratterizzato da un incontro, prima con la suocera di Pietro, alla sera con gli ammalati, la mattina presto con il Padre nella preghiera e infine ancora con Pietro. Questi incontri sono caratterizzati dalle mediazioni: Pietro parla della suocera e della sua malattia, e poi lo stesso Simone mettendosi sulle tracce di Gesù si farà portavoce di coloro che lo cercano, i malati e gli indemoniati sono portati da Gesù, infine Gesù porta nella preghiera al Padre i fratelli nel dolore che ha incontrato maturando nell’orazione la necessità di guidare tutti nella via dell’esodo, via di liberazione che porta alla libertà del servizio. La prima scena, quella che si svolge nella casa di Pietro diventa allora chiave di lettura di tutto il brano. Gesù, invitato a casa di Pietro, viene a conoscere la situazione di dolore della suocera. Sembra che sia la prima cosa che dicano a Gesù quando entra in quella dimora. Gesù è condotto nel luogo del dolore che destabilizza, confonde, scoraggia, demoralizza. Le parole cedono il passo al gesto: Gesù, facendosi prossimo alla donna, la solleva (verbo della risurrezione) prendendole la mano. E’ l’effetto dell’operazione che fa comprendere quale fosse la malattia: la donna prende a servire. La febbre che rende paralizzata la donna è il simbolo dell’incapacità ad un servizio per amore. La Parola di Dio (in azione) restituisce la vera libertà perchè purifica da quegli ostacoli che ci impediscono di amare con gioia e gratuitamente. Qual è la febbre che ci debilita? E’ fondamentalmente l’egoismo che si presenta in varie forme, tra cui l’operare partendo da sè, dai propri bisogni e finendo a se stessi con i propri desideri, senza minimamente incontrare l’altro o ascoltarlo nei suoi bisogni e desideri. Eseguire non è servire, la prestazione non è servizio. Servire è donare gratuitamente e con gioia rinunciando al “diritto” della restituzione. L’opera della guarigione è compiuta quando colui che è toccato da Dio sintonizza il suo modo di ragionare su di se e sugli altri come il Signore Gesù che non si adatta o si “accomoda”, ma agisce per promuovere la capacità dei singoli di amare come ama Dio. Buona domenica del servizio libero, gioioso e grato!