Il battesimo di umiltà – SANTA CATERINA DA SIENA

29 Aprile 2020

SANTA CATERINA DA SIENA

1Gv 1,5-2,2   Sal 102  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30) 

Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

In quel tempo, Gesù disse: 

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Il battesimo di umiltà

Oggi la Chiesa celebra la festa liturgica di una grande teologa, Santa Caterina da Siena. È annoverata tra le donne sante della Chiesa per la sua sapienza acquisita, non sui libri, ma nel dialogo con il Signore. Caterina, pur essendo una semplice monaca senza una grande istruzione, ha lasciato nei suoi scritti la testimonianza di quella sapienza dei piccoli di cui parla Gesù nel vangelo. Pur essendo Figlio egli si fa piccolo davanti al Padre suo per poter ricevere tutto da lui. Le parole di Gesù in questo brano del vangelo di Matteo sono in linea con la riflessione che il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni ci sta facendo fare in questo tempo di Pasqua. La folla cerca Gesù per “prenderlo” e a sua volta si lascia prendere dall’ansia. Contro l’idolatria dei bisogni, che ci rendono schiavi della paura, Gesù rivolge l’invito ad andare da Lui per trovare ristoro. Si tratta del riposo dell’anima che Gesù vive quando prega. Davanti alla bontà del Padre si stupisce e gioisce come un bambino. È una gioia serena come quella descritta dal salmista del Sal 130 che parla della sua tranquillità paragonando la vita al bambino che è in braccio a sua madre. Gesù promette di condividere con noi la stessa intimità che lo lega al Padre suo. 

Soprattutto quando sentiamo il peso delle responsabilità e la fatica di essere sempre all’altezza del dovere, dovremmo ricordare a noi stessi che, come Gesù, siamo figli e discepoli del Padre nostro. Questa postura spirituale e psicologica ci restituisce la gioia della scoperta che, al netto delle attese deluse, c’è sempre qualcosa di nuovo e di bello che ci viene donato. Ricordare che siamo discepoli a servizio di Dio e degli altri non ci riporta solamente nei nostri ranghi, e ci fa ritornare all’interno dei nostri confini, ma soprattutto ci fa fare un necessario battesimo d’umiltà.

L’umiltà caratterizza la relazione che il Figlio di Dio ha con il Padre, ma anche quella che instaura con noi, i suoi fratelli. Nell’uno e nell’altro caso egli si fa piccolo, cioè si svuota, fa spazio dentro di sé per accogliere l’altro. Nei confronti del Padre, accoglie il suo Spirito, che gli permette di avere nei nostri confronti compassione per poter prendere su di sé i nostri peccati.   

Gesù propone di prendere il suo giogo e imparare da Lui che è mite e umile di cuore. Il giogo, simbolo della relazione, può essere un legame che serra la gola e soffoca, se vissuto solamente come senso di dovere, oppure come esperienza edificante se il vincolo diventa occasione d’incontro, ascolto, accoglienza e condivisione. 

Questo tempo in cui tante voci, contrastanti tra loro, ci disorientano e ci fanno sentire come vasi di creta tra barili di ferro, viviamolo compiendo un pellegrinaggio del cuore verso Gesù. Lui ci aiuterà a verificare che la nostra relazione con Dio e con i fratelli non sia impostata sull’avere, sull’esigere, sulla rivendicazione, ma sulla fiducia, la disponibilità ad ascoltare e accogliere le ragioni degli altri per offrire le nostre in maniera rispettosa e convincente.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!