La Carità contagia la libertà – Martedì della III settimana di Quaresima

17 Marzo 2020

Martedì della III settimana di Quaresima

Dn 3,25.34-43   Sal 24  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,21-35)

Se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello, il Padre non vi perdonerà.

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 

Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 

Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

La Carità contagia la libertà

Il debito è come una catena che tiene legati il debitore al creditore. A quest’ultimo spetta la scelta se legarsi all’altro con un atto di amore, che lascia andare e dona la libertà, o mantenere un legame che rende schiavi. Gesù presenta Dio come un re il quale ha fatto un prestito ai suoi servi che va restituito. I servi siamo noi che abbiamo ricevuto da Dio la vita “in prestito”. È vero che la vita è un dono, ma di essa non siamo proprietari assoluti, ma suoi amministratori. 

Il Salmo 49 ricorda che nessun uomo può riscattare la propria vita o dare a Dio il suo prezzo. Siamo servi in debito nei confronti di Dio. 

Se il Signore fosse un freddo calcolatore e considerasse l’obbiettivo della giustizia il raggiungimento del pareggio di bilancio, noi, da servi, diventeremmo inesorabilmente schiavi. Dio invece compie una scelta di amore dettata dalla compassione e assegna il giusto valore alle cose e alle persone. I servi, anche se debitori, hanno un valore più grande del debito stesso. L’amore porta Dio a scegliere di assumere due atteggiamenti: il lasciare andare e il condonare il debito. Lasciare andare è donare all’altro la libertà e, con essa, la gioia di vivere; condonare il debito, significa dimenticare le mancanze e non tener conto di quello che si è perso, perché è molto meno importante di quello che si è donato. 

Quando siamo nel pericolo, come il servo della parabola, supplichiamo Dio di avere pietà e pazienza. Nella preghiera prendiamo anche degli impegni che superano le nostre capacità. Dio è indotto a concedere il perdono non certamente dalle garanzie che noi gli diamo, ma dalla certezza che senza il suo amore noi saremmo persi. A Lui sta più a cuore la nostra vita che i suoi diritti. 

San Paolo scrivendo ai Galati circa il perdono di Dio afferma: «Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13). Nel momento in cui Dio ci rende liberi col perdono dobbiamo stare attenti di non rimanere schiavi della malvagità che c’impedisce di essere benevoli verso i fratelli che sono in debito con noi. 

Non appelliamoci a norme per giustificare la nostra insensibilità perché dobbiamo ricordare che non siamo debitori nei confronti della legge (essa non concede il perdono) ma nei confronti di Dio che ci dona vita e salvezza. 

La libertà ricevuta col perdono deve renderci non solo servi di Dio ma servi dei nostri fratelli per amore. È la Carità che contagia la libertà!

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!