La solidarietà è l’autocertificazione di essere dalla parte della Verità – Venerdì della IV settimana di Quaresima

27 Marzo 2020

Venerdì della IV settimana di Quaresima

Sap 2,1.12-22   Sal 33  

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 7,1-2.10.25-30)

Cercavano di arrestare Gesù, ma non era ancora giunta la sua ora.

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.

Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.

Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». 

Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». 

Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

La solidarietà è l’autocertificazione di essere dalla parte della Verità

La maldicenza corre veloce sulle bocche degli uomini diffondendo menzogne che trasformano le persone in avversari da eliminare. Nella prima lettura, tratta dal Libro della Sapienza, gli empi compiono “ragionamenti irragionevoli” a partire dal fastidio insopportabile che provano al solo vedere una persona che ha uno stile di vita difforme dal loro, ma coerente con la fede che professa. L’uomo giusto, oggetto degli attacchi dei malvagi, è Gesù che è uno di loro, tant’è che vive con i fratelli gli appuntamenti liturgici e sociali, ma non è come loro. La diversità di stile di vita, invece di richiamare a un rapporto più essenziale con Dio e più vero con i fratelli, diventa motivo di critica, di giudizio e di pettegolezzo.

Gesù – lo dice lui stesso – non è un eroe che si autocandida ad essere il Salvatore ma ha la consapevolezza di essere l’inviato di Dio, al quale obbedire, perché a Lui spetta il compito di determinare i modi e di stabilire i tempi della missione. Gesù nella preghiera compie quotidianamente quel necessario discernimento per conoscere e attuare la volontà del Padre. Chi, come Gesù, risponde all’ispirazione di Dio mette in conto che il suo agire può apparire contraddittorio, perché chi assiste dal di fuori non coglie la sua spiritualità. La prudenza nel fermarsi in Galilea può essere confusa con la paura, la discrezione con cui sale a Gerusalemme con i fratelli può essere fraintesa come debolezza e la libertà del suo dire mentre insegna nel tempio può essere recepita finalmente come l’ottenimento di un riconoscimento e di un “lascia passare”. Anche questi sono ragionamenti tipicamente umani che nascono dall’alto di una presunta conoscenza, o meglio diremmo, dal basso della nostra reale ignoranza. 

Il ragionamento degli empi, descritto nella prima lettura, e quello degli abitanti di Gerusalemme, che parlano nella pagina del Vangelo, può essere anche il nostro quando giudichiamo gli altri a partire dalle nostre convinzioni che spesso riflettono schemi vecchi e sclerotizzati, abitudini cattive alle quali ci siamo abituati con rassegnazione e diventati stili di vita errati. La condotta di alcuni può essere giudicata con l’invidia che rivela, come un’autocertificazione, la malizia che si annida nel cuore e alla quale si fa fatica a rinunciare. Il peccato ci induce a guardare male gli altri e l’invidia ci convince di essere giudicati e condannati da loro. Questo è il ragionamento menzognero, che viene da colui che è all’origine della menzogna e che ci fa diventare apostoli della falsità e del male. 

Gesù, l’inviato di Colui che è veritiero, ci insegna a conoscere la verità conducendoci per mano verso il Padre. Sì, Lui è Colui che ascolta il grido dei poveri perché è vicino a chi ha il cuore spezzato. La sofferenza e la morte di Gesù non segnerà l’ora della vittoria dei malvagi ma quella del trionfo dell’amore di Dio. 

Gli empi, da atei pratici quali sono anche se devoti a qualche Santo, nel momento della sofferenza provano una malefica soddisfazione perché vedono confermata la tesi del “si salvi chi può” secondo la quale si deve approfittare di ogni occasione per godersi la vita, anche se a discapito dei più poveri, in quanto Dio è indifferente alle vicende degli uomini. I giusti, invece, nell’ora della sofferenza riparano nel Signore, rifugio e forza del debole. Essi, come farà Gesù sulla croce, non scaricano la rabbia su coloro che li affliggono, ma confidando nell’aiuto di Dio pregano anche per i loro accusatori per chiedere il perdono e la salvezza. Chi segue Gesù sulla via della croce sa di non essere solo e, sostenuto dalla fede e dalla provvidenza di Dio, si fa solidale con i fratelli.

Nella prova, che accomuna giusti e malvagi, si rivela di quale padre scegliamo essere figli: della menzogna o della verità. La menzogna porta ad invidiare, l’invidia ad accusare e l’accusa a fare del male; la Verità illumina il cammino della croce e ci induce ad essere compassionevoli come la Veronica, pazienti come il Cireneo e fiduciosi come il buon ladrone.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!