L’Amore donato dal Padre è l’antidoto alla morte – IV Domenica di Quaresima

11 Marzo 2018

 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21)

 

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:

«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

La prima lettura, tratta dal secondo libro delle Cronache, mostra come Dio è buono e fedele perché non si stanca di inviare suoi messaggeri per invitare alla conversione. Il popolo d’Israele non si cura affatto dei richiami e va incontro al disastro perché, indebolendosi, non riesce a fronteggiare la prova della potenza nemica dei babilonesi che impone la sua autorità deportandolo in una terra straniera e lontana. L’esilio non è letto come una punizione divina ma come la conseguenza del rifiuto di Dio che rende più vulnerabili difronte alle prove della vita. Tuttavia Dio non abbandona il suo popolo e offre un’occasione di ritorno creando, attraverso il re Ciro di Persia, l’opportunità di far ritornare Israele nella sua terra e rinascere. Nella pagina evangelica Gesù parla con Nicodémo, membro del Sinedrio, che era andato di notte per conoscere personalmente Gesù. Il discorso verte sulla necessità di “rinascere dall’alto”, cioè di essere generati da Dio come suoi figli. Se è vero che rinascere non significa tornare nel grembo materno, allora s’impone la necessità di essere continuamente generati da Dio, cioè passare dalle tenebre del peccato e della morte alla luce per diventare figli di Dio e avere la vita eterna in sé, cioè la vita stessa di Dio che è l’amore fedele e quindi eterno. Cosa significa essere rigenerati da Dio, rinascere come figli di Dio? Lo spiega Gesù a Nicodemo quando afferma: Dio ha amato l’uomo da dare suo Figlio non per condannarlo per i suoi peccati ma per salvarlo. La salvezza è l’esperienza del dono di Dio che permette, a chi lo accoglie di essere guarito da ciò che lo condanna alla morte e di venire alla luce, rinascere a vita nuova. La vita nuova è la vita vissuta nell’amore vero, gratuito ed eterno. Gesù richiama un’esperienza drammatica fatta dagli Israeliti nel deserto durante il loro cammino di liberazione. Israele, stanco del cammino inizia a mormorare contro Dio, dimentico di tutto l’aiuto ricevuto in tutto il tempo del pellegrinaggio nel deserto. Capita di abituarsi alla cura e di stancarsi di ricevere cura e attenzione e ci si ribella. L’ingratitudine, l’arroganza, la mormorazione diventano il veleno che uccide la comunità perché indebolisce i legami e ci si rende più vulnerabili. Si eleva un grido drammatico verso Dio il quale ordina a Mosè di fare un serpente di bronzo e innalzarlo. L’antidoto al veleno è alzare gli occhi da se stessi, non piangersi addosso ma accogliere umilmente l’aiuto dal Signore. È la relazione di cura con Dio l’antidoto al veleno mortifero dell’avidità, dell’ingratitudine. Chi si salva dunque? Si salva dal veleno che indebolisce e uccide chi crede, chi accetta il dono gratuito di Dio che sana e dà vita. La vita eterna, cioè l’amore, è l’unico antidoto al veleno che ci condanna a morte certa; essa ci viene data gratuitamente da Dio in Gesù, suo Figlio, la luce del mondo, ma necessita di essere accolta con la disponibilità a uscire dalle tenebre delle abitudini cattive a cui si è troppo affezionati e che impediscono di rinascere e cambiare modo di vivere.

 

Oggi m’impegno a riflettere su quelle situazioni dolorose in cui mi sento senza via d’uscita e nelle quali mi sento sopraffare dalla tristezza, dalla paura o dalla rabbia; ripeterò a me stesso: credo in Dio che libera dalla morte; mi lascerò prendere cura, consolare e rafforzare dalla parola di Dio e dal pane eucaristico.

 

Preghiamo con la Chiesa:

Dio buono e fedele, che mai ti stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

Auguro a tutti una santa Domenica e vi benedico di cuore!