L’amore è l’arte di tessere relazioni – SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (ANNO A)

19 Giugno 2020

SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (ANNO A)

Dt 7,6-11   Sal 102   1Gv 4,7-16   

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)

Io sono mite e umile di cuore.

In quel tempo Gesù disse: 

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

L’amore è l’arte di tessere relazioni

Nel giorno in cui celebriamo la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù la liturgia ci invita a rivolgere il nostro sguardo contemplativo verso Dio. La preghiera è una forma di distrazione o, per meglio dire, è deconcentramento dall’io a Dio, dal sé all’altro. Di solito alziamo gli occhi quando siamo richiamati da qualcosa fuori di noi o dall’esterno rispetto al microcosmo che costruiamo attorno a noi. Più spesso capita che, frastornati dalle delusioni, scossi dalla fatica di tener testa a tutti i problemi che si presentano nella vita, affannati nel dover fronteggiare le criticità che di volta in volta chiamano in causa le nostre responsabilità, sentiamo il bisogno di respirare un’aria diversa, nuova, rigenerante. Quando ci misuriamo con i nostri limiti umani provvidenzialmente prendiamo coscienza di essere piccoli e di aver bisogno dell’altro perché non siamo autosufficienti.

Come chiedere aiuto? «Imparate da me che sono mite e umile di cuore», dice Gesù. Egli ci propone la sua amicizia, cioè il suo giogo, simbolo del legame con lui che non appesantisce la relazione con doveri gravosi, ma è dolce come lo è il rapporto che unisce due persone che si amano. 

Gesù è mite perché nell’incontro con il Padre e i fratelli non si arma per rivendicare i suoi diritti, né si corazza in qualche modo per respingere eventuali attacchi, ma si disarma, si spoglia, si “svuota”, per mostrarsi al Padre e ai fratelli come bisognoso dell’altro. Il cuore di Gesù è umile perché desideroso dell’altro come la terra assetata che si ammanta di bellezza quando l’acqua la feconda. 

Alla scuola di Cristo Gesù, la cui cattedra è la croce, impariamo che il segreto della vita sta nella relazione d’amore che unisce il Padre e il Figlio. Gesù non spiega chi è Dio come se volesse dimostrare un teorema matematico, ma lo racconta mentre gli occhi gli brillano per la commozione e le parole gli escono dalla bocca come un canto di lode. Gesù parlandoci del Padre ce ne fa innamorare e lasciandoci istruire e guarire da Lui nasce anche in noi il desiderio di essere suoi figli. 

La mitezza e l’umiltà di Gesù sono il riflesso della gloria del Padre, fonte della misericordia. I raggi dello Spirito Santo che trasfigurano il volto di Cristo si riflettono anche in coloro che sono con Lui, sicché l’amore con il quale il Padre ama il Figlio, risuscitandolo dai morti, invade anche il cuore di coloro che offrono la loro vita con Cristo e la donano per i fratelli. 

Il Padre condivide con il Figlio Gesù l’arte del tessere la trama dell’amore. Attenzione, però, perché c’è trama e trama: c’è la trama del complotto ordito dal maligno che separa e contrappone e quella di Dio che invece tesse vestiti su misura per restituire la dignità umana ai peccatori. Gesù ci insegna a distinguere tra le proposte che vengono dal maligno e quella che viene formulata da Dio. Il maligno confeziona divise che tutti omologano a criteri utilitaristici ed egoistici. Dio prepara per noi una veste “senza tasche” perché quello che conta non è ciò che si possiede ma ciò che si condivide. 

La giustizia di Dio non consiste nell’ imporre con la legge a tutti un medesimo modo di essere ma, mediante lo Spirito Santo, nel dare modo a tutti di essere creativi nell’amore fraterno. Alla scuola di Gesù, come Lui lo è a quella del Padre, non si impara qualche concetto oppure a dire o fare qualcosa, ma si apprende l’arte dell’amore. Quest’arte è vera poesia perché – come suggerisce l’etimologia greca della parola – l’amore è qualcosa che si fa praticamente per essere poi gustato con i sensi dello Spirito. L’amore diventa arte allorquando trasforma ciò che si ha a disposizione rendendola bella. Così i membri di una famiglia si amano e costruiscono una bella comunità quando mettono a disposizione del bene di tutti i propri carismi o quando, riannodando i fili del dialogo, si perdonano reciprocamente scoprendo nuove forme di comunione.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!