Nella preghiera si trova consolazione e conforto

17 Marzo 2019,

Nella preghiera si trova consolazione e conforto – II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

Gen 15,5-12.17-18  Sal 26   Fil 3,17- 4,1

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,28-36)

Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto.

 

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.

Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.

Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Nel cammino quaresimale la seconda domenica è dedicata all’esperienza della intimità della preghiera, come esperienza di consolazione e conforto interiore. È rivolto a noi, come ad Abramo, l’invito di Dio a guardare il cielo e a leggere in esso i segni della sua grandezza che si prende cura dell’uomo. L’immensità degli spazi, come la percezione della grandezza di Dio, potrebbero intimorirci, quasi schiacciati da così grande bellezza. È dunque la preghiera, ricerca del volto di Dio, che apre all’ascolto della sua voce. Dio parla a ciascuno, come ad Abramo, per rassicurarlo: non sei uno nella massa, ma destinatario di sogno “su misura”. Così è stata anche l’esperienza di Pietro e degli altri apostoli con Gesù che è da loro percepito “troppo avanti”, un “grande”, ma proprio per questo avevano paura. Spesso la vita, nella sua complessità, si rivela misteriosa e come tale suscita in noi emozioni contrastanti, entusiasmo e paura. Dio indica la meta, la sua promessa di vita, e per questo s’impegna in prima persona, con giuramento solenne, perché si compia. Essa non si realizza a condizione che l’uomo sia fedele, ma solo grazie alla fedeltà di Dio il cui amore è come la roccia di una montagna, immutabile. Come l’amore di Dio è un dono gratuito, e per questo eterna è la sua misericordia, così la fiducia dell’uomo, non legata al calcolo, lo rende giusto, cioè capace di seguire Dio per entrare nella Terra promessa.

Il racconto di Luca riferisce che Gesù, con tre dei suoi discepoli, sale sul monte per pregare. La preghiera è salire sulla santa montagna con tutta la fatica che comporta raggiungere la vetta. Paolo (II lettura) stigmatizza coloro che pensano solo alle cose della terra illudendosi del fatto che possono garantirsi la felicità se hanno la pancia piena. Gesù chiede di sollevare lo sguardo dal nostro ombelico per rivolgerlo verso l’alto. Bisogna sollevarsi da quei ragionamenti terra – terra che ci impantanano. Con Gesù salire sul monte significa cercare il volto del Padre quando ci si sente smarriti e disorientati, quando il dubbio ci assale e la paura di perdersi ci fa andare in ansia. Elia e Mose sono il simbolo delle Scritture che rassicurano Gesù che è sulla via giusta. Anch’essi nella loro missione hanno avuto momenti di forti crisi e si sono rivolti a Dio affidando a Lui la loro amarezza. Essi sono testimoni del fatto che Dio non abbandona nessuno dei suoi figli. Dunque anche per noi allora la preghiera è salire per incontrare il volto di Gesù attraverso le Scritture che ci incoraggiano, ci consolano, ci spingono a seguire Gesù fino alla fine. La Parola di Dio ci rivela l’identità di Dio che per amore dell’uomo e perché lui viva giunge fino a morire. Nella trasfigurazione viene rivelata all’uomo la vocazione di Gesù e la sua. Appare un corpo glorioso, attraente, tale che Pietro vorrebbe fermare il tempo e racchiudere quell’esperienza in tre capanne. La risurrezione è la risposta di Dio alla preghiera di Gesù, nella quale egli ha offerto al Padre tutto se stesso. Così l’uomo che segue Gesù fino alla croce, che offre la sua vita al Padre per mezzo suo, vede il suo corpo diventare glorioso. Il corpo glorioso è il modo di essere proprio di Dio, amore eterno e infinito. Nella preghiera, in ascolto della Scrittura scorgiamo il volto di Dio sposo fedele, che ci conduce attraverso il nostro esodo, il passaggio dal corpo carnale al corpo spirituale, dall’amore a noi stessi all’amore verso gli altri, i nemici soprattutto. Gesù nella passione non parla, ma nella passione lui interagisce con la Scrittura e lì matura la scelta del dono totale di sé. È il Padre che lo trasfigura, che lo risuscita, che trasforma il suo corpo mortale nel corpo glorioso da cui viene la vita, la vita eterna. La bellezza di Dio traspare da un corpo donato per amore. Nei momenti cruciali della vita, quando il peso della responsabilità porterebbe a rinchiudersi in un torpore incosciente, con Gesù combattiamo la sonnolenza della rassegnazione con la preghiera che ci fa essere vigili e pronti a compiere la volontà di Dio.

 

Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore!