Non colonizzatori ma esploratori della Grazia di Dio – SANTI CIRILLO E METODIO

14 Febbraio 2020

SANTI CIRILLO E METODIO

At 13,46-49   Sal 116   

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10,1-9)

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Non colonizzatori ma esploratori della Grazia di Dio

Il campo della missione è molto vasto ed è grande il lavoro da fare, ma gli operai a servizio del Vangelo sono sempre di un numero inferiore al bisogno. Se ci sono ancora quelli che chiedono, ancora di più sono quelli che attendono di essere incontrati e visitati. La Chiesa deve sentire viva l’urgenza di annunciare il Vangelo a tutti e raggiungere coloro ai quali portare la Parola che salva. I discepoli andranno nel mondo con gioia nella misura in cui desidereranno non tanto trovare un posto nel quale accomodarsi ma se sentiranno dentro di sé l’inquietudine che nasce dalla consapevolezza che senza Gesù la vita non è bella. 

La priorità non è l’equipaggiamento o la preparazione, ma il desiderio d’incontrare e accendere la speranza nel cuore degli uomini. Davanti alla vastità del campo nel quale lavorare potremmo cadere nello scoraggiamento perché le forze dei singoli sono insufficienti a sostenere responsabilità superiori alle proprie capacità. La nostra insufficienza potrebbe indurci a vedere negli altri lupi minacciosi, ma la parola di Gesù ci ricorda che lui stesso ci invia e che la nostra missione è la continuazione e l’attualizzazione della sua. 

L’abbondanza della messe si può leggere come la vastità dell’ambito nel quale esercitare la propria responsabilità. Prendersi cura di sé richiede impegno e sacrificio, figuriamoci se sentiamo di doverci prendere cura di una famiglia, di una comunità, di una parrocchia, di una diocesi, etc. Se il campo della missione è contemplato con gli occhi di chi crede che tutto poggi sulle sue spalle o che ha il segreto desiderio di trovare il modo di “sistemarsi”, non l’ameremo e finiremo col fuggire per cambiare luogo o situazione finché non abbiamo trovato – se mai ci riuscissimo- “il nostro paradiso”. Al contrario, rinunciando ad ogni pregiudizio o alle attese egoistiche, si va incontro ai fratelli col desiderio di stupirci nello scoprire altri figli della pace con i quali condividere la fraternità del Vangelo. 

Lo spirito missionario non può convivere con la mentalità “colonizzatrice” che vede nell’altro qualcuno da conquistare. L’apostolo vive la sua missione in famiglia, nella propria comunità civile ed ecclesiale amandole e perciò assumendosi la responsabilità di costruire relazioni fraterne nelle quali far passare la linfa del vangelo che le rende feconde.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!