Pasqua, cammino di conversione seguendo le orme del buon Pastore per gustare la gioia della comunione – IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

3 Maggio 2020

IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

At 2,14.36-41   Sal 22   1Pt 2,20-25   

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)

Io sono la porta delle pecore.

In quel tempo, Gesù disse: 

«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Pasqua, cammino di conversione seguendo le orme del buon Pastore per gustare la gioia della comunione

La Pasqua è una festa, che sin dai tempi più remoti, ha caratterizzato una fase importante dei popoli nomadi la cui economia era basata sulla pastorizia. Pasqua era il passaggio dalle valli dei pascoli invernali ai prati verdi di montagna. Il tempo della transumanza avveniva in primavera, stagione mediana tra l’inverno e l’estate. Viviamo anche noi una stagione di passaggio dall’inverno della paura, che ci ha visti chiudere le saracinesche dei negozi, le porte delle scuole, i cancelli dei parchi con il rischio di chiuderci in noi stessi e sprangare le porte del cuore per timore del contagio. Sentiamo forte il desiderio di riprenderci i nostri spazi, di ritornare a vivere la libertà di movimento, di riassaporare la bellezza di stare in compagnia. Vorremmo di nuovo avere un contatto fisico e diretto con gli altri, uscire dall’ isolamento forzato e superare le restrizioni che limitano la nostra libertà, soprattutto quella di lavorare onestamente per portare il pane a casa.

Ci abitano paure e speranze, consapevoli che le regole, anche se hanno fissato confini molto rigidi alla nostra libertà, bene o male ci hanno permesso di vivere l’inverno della prova in una certa sicurezza. Come ogni steccato, le limitazioni sono vissute come aiuto a proteggersi dal pericolo, ma a lungo andare cresce anche un senso d’impazienza e intolleranza. Ogni prova ha i suoi tempi, ma quelli più delicati sono quelli in cui scricchiola la pazienza, aumenta il livello di tensione, si appanna la speranza. Questo è il momento in cui più necessario s’impone il dovere di saper distinguere tra la voce di Dio e quella del maligno e decidere di chi fidarsi e chi seguire. 

Nella storia d’Israele nei momenti più bui e tristi la voce di Dio è giunta attraverso i profeti. Essi non con forza hanno denunciato il pericolo del virus dell’idolatria del denaro che contagia chiunque, ricco o povero, giovane o anziano, istruito o ignorante, ma hanno anche stigmatizzato l’infedeltà e la corruzione dei capi che si sono comportati non come custodi ma come ladri e briganti provocando nel popolo confusione, rivalità, competizione e distruzione.  Per questo Dio, attraverso i profeti, ha annunciato il suo intervento diretto come il vero e unico pastore del suo popolo. Questa promessa si è compiuta in Gesù Cristo, colui che viene a salvarci.

Come riconoscere la visita del Pastore?  Gesù attraverso delle immagini offre un insegnamento per aiutarci a uscire dalla paura e dalle varie chiusure nelle quali ci troviamo. La prima immagine è quella del pastore che entra nel recinto delle pecore dalla porta e non sale da un’altra parte come invece fanno i ladri e i briganti. Il recinto delle pecore allude alla comunità riunita nell’area sacra del tempio. L’ingresso del Pastore attraverso la porta richiama alla mente la visita di Dio che entra nel tempio per prenderne possesso e per affermare il suo diritto di proprietà sul popolo. Nella coscienza d’Israele è viva la memoria storica delle profanazioni del tempio ad opera delle potenze straniere e nemiche venute per rubare, uccidere e distruggere. I ladri e i briganti di cui parla Gesù, non sono solo gli stranieri, che oggi potremmo identificare, quasi istintivamente, con coloro che accusiamo di venire sul nostro territorio per rubarci il lavoro, per uccidere le nostre tradizioni e distruggere il nostro patrimonio. Sono soprattutto coloro che, pur essendo della stessa comunità, si comportano da estranei piuttosto che da familiari, da nemici invece che alleati, da predatori e non da autorevoli responsabili. Il modo con il quale si entra nel recinto rivela anche il fine che ci si prefigge. Gesù è il pastore che passa per la porta perché è solidale con il suo gregge. La compassione lo guida nel visitare chi è nel dolore per aiutarlo a uscirne. Egli viene per dare la vita, quella vera, la sua stessa vita. Poi invece ci sono gli approfittatori, quelli che si arrampicano sulle spalle degli altri per salire, i corrotti che sfruttano la debolezza per raccogliere consensi e fare guadagni. Essi vengono per ingannare, manipolare, usare, dividere, contrapporre. Dunque, dal modo con cui ci si presenta possiamo cogliere un primo elemento per fare discernimento. Attenzione a chi dà voce al nostro scontento alimentando la polemica, a chi interpreta la paura offrendo soluzioni immediate e sorprendentemente facili, a chi si mostra troppo sicuro di sé screditando il lavoro degli altri a chi arma la mano contro il nemico di turno da combattere. Prestiamo attenzione invece al profilo di chi sa ascoltare entrando in empatia, di chi condivide il peso coinvolgendosi in prima persona nel cammino, di chi non indica vie di fuga ma itinerari di guarigione e di liberazione, di chi con rispetto e pazienza attende i tempi della risposta, di chi apre la mano e la tende in segno di amicizia, di chi s’impegna a creare una rete di collaborazione, comunione e fraternità. Anche uno solo di questi tratti possono farci riconoscere la presenza di Gesù.

In ciascuno di noi c’è il guardiano che sa riconoscere la venuta del pastore per aprirgli la porta del cuore e farlo entrare nella nostra vita. Senza di lui rimarremmo chiusi in noi stessi e nei nostri limiti, più esposti all’azione predatoria di coloro che comunque sanno come raggiungerci per catturare la nostra attenzione e farci diventare loro dipendenti. S’impone dunque una scelta: aprirci alla visita di Dio e lasciarci raggiungere da Lui o rimanere chiusi e rassegnati. 

Chi ascolta la Parola di Dio e apre il suo cuore, perché essa penetri sempre più in profondità, sperimenta la salvezza per vivere e celebrare la Pasqua. 

Gesù, il buon pastore, è in mezzo alla sua Chiesa e la chiama all’unità attorno a sé; si fa ultimo ponendosi in fondo perché nessuno rimanga indietro. Così spinge le pecore cacciandole fuori dalle celle di massima sicurezza che compongono il carcere delle nostre frustrazioni, sensi di colpa, rancori, paure e complessi. Gesù precede il suo popolo guidandolo sulla via della vera libertà. La voce di Gesù infonde fiducia e sicurezza perché è la voce del cuore di Dio impressa nella memoria di ciascun uomo. Ascoltare la parola di Gesù ci riporta interiormente alla nostra condizione di figli, come i bambini che nella paura si calmano quando poggiano la testa sul petto della mamma sentendo il ritmo del suo cuore, la prima melodia che i suoi sensi hanno gustato.

La nostra sarà una vera Pasqua nella misura in cui non ci lasceremo ingannare da chi viene a noi per curare i suoi interessi. Ci ritroveremmo fuori, liberi da limiti e restrizioni ma soli e confusi, persi perché senza una meta. Siamo invece chiamati a seguire le orme del Pastore che non ci propone una fuga ma un itinerario di vita nella quale fare il bene anche nella sofferenza. San Pietro ci ricorda che Gesù ci ha lasciato un esempio che deve ispirare sentimenti di pace e comunione soprattutto quando percorriamo la dura via del dolore. Essa è per noi tempo di conversione per il perdono dei peccati. Anche se si cammina nella valle oscura della prova abbiamo la certezza che il Signore è con noi perché i nostri passi dietro di lui ci conducano alla riconciliazione con Dio e tra di noi. Dio ha preparato per noi una mensa perché noi possiamo parteciparvi con la libertà dei figli e la gioia dei fratelli che non solo vivono insieme, ma che si donano l’uomo all’altro con amore generoso. 

Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore.