Riconciliati nel cuore, annunciatori del Vangelo fino ai confini della terra – Sabato VII settimana di Pasqua

19 Maggio 2018

Dagli Atti degli Apostoli (At 28,16-20.30-31)

 

Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia.

Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena».

Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.

 

Parola di Dio

 

La conclusione del Libro degli Atti degli Apostoli registra l’arrivo di Paolo a Roma e l’inizio della sua missione evangelizzatrice nella capitale dell’Impero. Vi giunge come prigioniero, ma al tempo stesso con una certa autonomia che gli permette d’incontrare le persone a cui annunciare il Vangelo. Come sempre è accaduto, i primi destinatari dell’evangelizzazione sono i giudei, quelli più vicini a Paolo perché condividono la stessa fede nell’unico Dio, fede che l’apostolo di Cristo non ha mai rinnegato. Anzi, Saulo di Tarso, il fariseo, non perde occasione di ribadire la sua appartenenza al popolo d’Israele e l’obbedienza alla legge; tuttavia proclama con coraggio che il compimento delle promesse di Dio è Gesù Cristo, vera speranza d’Israele, perché Lui è il Salvatore, del quale si onora di condividere la sorte. Come Gesù, anche Paolo viene arrestato a Gerusalemme, e come lui subisce un processo ingiusto dal quale le autorità romane lo avrebbero voluto liberare scontrandosi però con l’opposizione incomprensibile delle autorità giudaiche. L’appellarsi a Cesare, come la preghiera di Gesù sulla croce, non è invocazione di vendetta, ma è richiesta di giustizia che consiste nella riconciliazione. Per Paolo è terminato il tempo del pellegrinaggio ed è giunto quello dell’abitare la casa nella quale accogliere per annunciare il Regno di Dio e istruire secondo le Scritture, per far conoscere Gesù. Quella casa oggi è la Chiesa nella quale essere accolti per essere nutriti della Parola di Dio e dalla quale partire per spargere con abbondanza il seme del Vangelo, solo se necessario con le parole.

 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!