Battesimo, pellegrinaggio dalla Sorgente all’assetato

7 Gennaio 2018

“O voi tutti assetati venite all’acqua … porgete l’orecchio, venite a me, ascoltate e vivrete” (Is 55, 1s.) con queste parole Dio si rivolge ai suoi figli che, in cerca di vita, spendono energie preziose per ciò che non soddisfa il desiderio fondamentale di felicità. Gesù, come ogni figlio dell’uomo e figlio di Dio, assetato dell’acqua della vita, va al fiume Giordano, che letteralmente significa “Colui che scende”. Andare al Giordano significa scendere per risalire alla sorgente della propria vita, lì dove tutto ha origine come un dono. Gesù si lascia condurre non dal senso di colpa per i peccati (che non ha e non ha commesso), ma dal desiderio originario di vivere nel Padre, vivere in comunione con Lui. Entrando nel flusso del fiume Giordano, Gesù si immerge nel flusso dell’amore di Dio che scende verso l’uomo per amarlo facendosi dono, affinché anche l’uomo riemerga come creatura nuova, rigenerata e capace di amare facendosi dono all’altro. Il desiderio di uscire da ogni cattiveria (da captivum che significa prigioniero, incarcerato) per essere persona libera, spinge Gesù, e con lui ogni suo discepolo, a immergersi nella Parola di Dio, l’acqua che permette di lasciare, separarci dagli abiti logori, dalle abitudini di pensare, parlare e agire che non sono adatte alla raggiungimento dell’obbiettivo della nostra vita. Riemergendo dall’acqua della preghiera con Gesù facciamo l’esperienza descritta da marco con tre immagini: il cieli si squarciano, lo Spirito Santo come una colomba scende su di noi, la voce del Padre testimonia la dignità di figlio nel quale egli si riconosce. L’effetto della intimità con Dio è dunque triplice, ogni difficoltà non è considerata una barriera invalicabile ma come una opportunità per relazioni rinnovate; lo Spirito Santo è donato abbondantemente e gratuitamente come pioggia e neve che scendono delicatamente compiendo l’opera che Dio stesso ha affidato, la trasformazione interiore del cuore e il modo di intendere l’appartenenza, la consacrazione, non più come una funzione ma come una relazione di amore, cura premurosa e tenera: infine la voce di Dio mi costituisce figlio nella mia regalità. Non devo temere i nemici che insidiano la mia speranza e la fiducia. Dio è la mia forza e la mia vita, perchè nei tratti esistenziali del mio volto possa assomigliare sempre di più a Lui, Padre giusto, madre tenera. Diventando figli nel Figlio, anche noi siamo acqua che disseta l’assetato e gli permette di continuare il suo cammino incontro a Dio. Buona domenica, festa del Battesimo di Gesù!